In memoria di Adriano Angerilli

Adriano Angerilli, “Generale della Forestale” è morto ad Arezzo il 28 giugno 2021, all’età di 106 anni. Ora riposa a S. Ginesio nelle Marche, suo paese natale.

Come definire quest’uomo. Certo un “Grande”. Per far capire bene, se si prende la scala degli umani di Leonardo Sciascia: uomini, mezzi uomini, omicchi, piglianculo e quaquaraquà, Adriano Angerilli  si inquadra senz’ altro nella prima categoria.

Alla competenza tecnica, univa doti umane non comuni. Uomo probo. Di estrema semplicità. Di proverbiale rigore intellettuale. Uomo di cultura: alla laurea in scienze forestali unì quella in lettere una volta in pensione. Lettore infaticabile di tutto. Di coerenza etica ineccepibile. “Verde” ante litteram, sempre a piedi o con i mezzi pubblici, non possedeva una macchina. Dallo stile di vita “frugale” a dir poco, forse “monastico”: due (di numero) castagne potevano bastare per il suo pranzo. Di indiscussa fedeltà allo Stato e all’Italia, che pagò anche con il campo di concentramento. Uno che non faceva sconti ai farabutti e ai fannulloni. Volontario assistente ai malati nell’ospedale di Arezzo una volta in pensione, rifiutando sempre consulenze professionali.

Un aneddoto personale degli inizi degli anni ’80 è sufficiente a dare solidità a queste affermazioni. Come giovane ricercatore all’Istituto sperimentale per la selvicoltura di Arezzo contattai il Dott. Angerilli, allora Capo dell’Ispettorato regionale delle foreste dell’Abruzzo per ottenere l’autorizzazione e il supporto logistico della “Forestale” per i sopralluoghi ad alcuni rimboschimenti e alle parcelle sperimentali di specie esotiche. Ebbene mi dette il primo appuntamento alla sede dell’Ispettorato a l’Aquila alle 22,30. A notte tarda ci congedammo per riprendere il discorso all’indomani. Ovviamente alle 7,30. Dopo aver organizzato la nostra attività ci congedò alle 10 perché aveva in partenza un autobus che l’avrebbe dovuto portare ad Avezzano per un sopralluogo. L’abbigliamento era quello d’ordinanza (per lui): pantaloni alla zuava e scarponi, senza divise, medaglie e pistole. Lui, Capo di un Ispettorato regionale preferiva, per spostarsi, il servizio pubblico anziché l’auto blu con l’autista.

Adriano Angerilli è stato un esempio positivo di burocrate. Ha dato corpo alle leggi a favore della montagna che un altro Grande aretino, Amintore Fanfani, aveva ideato. Per uscire dalla genericità delle affermazioni e capire cosa ha effettivamente fatto bastano i racconti di tanti montanari. Quando era capo dell’Ispettorato Ripartimentale delle Foreste di Arezzo (Corpo Forestale dello Stato) era lui, sempre a piedi, a raggiungere le case sperdute, spesso senza strada (tanto che ancora alcuni si muovevano con la “treggia” attaccata a una miccia o a un cavallo). Ai contadini ignoranti e ignari faceva firmare direttamente i “fogli” per poter avere la luce, l’acqua, la strada, richieste di contributi secondo le loro necessità. Sì, un missionario della montagna. Uno che anziché complicare “le carte”, sbrogliava le matasse della burocrazia.

Questa era l’Italia forestale che funzionava. Questi erano gli attori migliori.

Ricordare queste figure fa bene a tutti i forestali italiani e soprattutto alle future generazioni.

Niente è perduto: si può ricominciare, si può voltare pagina.

P.S. Non posso ricordare in questa circostanza chi è stato ad Arezzo il suo collaboratore più stretto e mio “maestro di campo”, il maresciallo Corrado Peruzzi. Grazie. Riposate in pace.

  1. Leave a comment

Leave a comment